All’indomani dell’evento di grande riscontro mediatico quale quello della Formula E a Roma, nel quartiere dell’E.U.R., vengono spontanee alcune considerazioni di carattere forse provocatorio.
Come noto ai più la manifestazione sportiva si è svolta nella giornata di sabato 14 aprile u.s. seguendo un tracciato stradale abbastanza ampio.
Il tracciato ha coinvolto parecchie strade anche di percorrenza veloce quali la Cristoforo Colombo.
I lavori di approntamento del sito sono stati eseguiti di notte e con giorni di anticipo si sono chiuse strade di accesso all’E.U.R. anche per il montaggio di palchi e gradinate.
Il disagio da parte dei residenti è stato limitato il più possibile nella ottica di un riscontro di interesse – anche economico – da parte di innumerevoli portali di informazione e media.
Alla gara, effettuata su autovetture elettriche di limitatissimo impatto acustico, hanno partecipato 30.000 spettatori. Le immagini di piloti – alcuni di questi figli di piloti della più altisonante Formula 1 – hanno affascinato anche grazie alle riprese in diretta effettuate con un drone.
Tutto ciò ha dimostrato come, con la volontà di fare per una iniziativa di certo riscontro, le cose si possono fare. Bene e anche velocemente.
E’ stato dimostrato come l’organizzazione di questo evento abbia funzionato. L’interesse c’è stato ed anche parecchio tanto da pensare ad una replica per il prossimo anno.
E allora sorge una domanda.
Ma perché invece, in relazione agli accadimenti di ben altra portata e gravità (quale quelli legati a terremoti per esempio), accaduti in località di storia e livello culturale non davvero inferiori ad un quartiere romano pur di rispettabile livello, la macchina della organizzazione non funziona?
Perché ad anni ed anni di distanza non si riesce a ridare anima e vita collettiva a centri quali L’Aquila, Collarmele, Calascio e tanti altri?
Perché a distanza di anni e parliamo del 2009, nulla ancora è stato fatto per il minimo della sopravvivenza soprattutto psicologica di chi ancora ovunque volga lo sguardo vede solo macerie?
Ma anche qui è necessaria anzi imprescindibile l’iniziativa privata per intraprendere una nuova vita salvando il salvabile e ridando input economico a siti turistici e a Università di spessore intellettuale completamente abbandonati?
I Comuni del Cratere attendono. I nostri Comuni portatori di ricchezza per tutti, attendono. Le chiacchiere devono finire.