Rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti degli studi professionali

by | 14 Gen, 2021

Confedertecnica chiede di organizzare un tavolo di discussione inerente l’aggiornamento del Contratto Collettivo Nazionale sul Lavoro alle nuove normative introdotte sulla  regolamentazione contrattuale  negli ultimi anni, e invia alle parti sociali una bozza di documento di analisi e studio per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti  degli studi professionali, elaborato con il contributo del Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi quantitativi (DEMM) dell’Università del Sannio.
Il documento è stato inviato alle altre parti sociali per iniziare un confronto costruttivo sulle dinamiche economiche ed organizzative degli studi professionali anche alla luce delle conseguenze derivanti dall’emergenza sanitaria di quest’ultimo anno.
 

Proposte per l’elaborazione di una nuova regolamentazione contrattuale collettiva di lavoro per gli studi professionali per le esigenze dell’“area tecnica”

 
 A CURA DI:

    CENTRO STUDI CONFEDERTECNICA

 Confedertecnica costituita da: Federarchitetti – Federgeometri – Federperiti Industriali – Avv.ti Urbanisti – Medici del lavoro – Tecnici della sicurezza e dell’acustica.

Presidenza e Segreteria: Viale Pasteur, 66 – 00144 Roma – tel. 06.54221735 – fax. 06.32500386

confedertecnica@confedertecnica.it – www.confedertecnica.it

                                                                                                    

 LO STUDIO SULLA NORMATIVA E REGOLAMENTAZIONE CONTRATTUALE

DEL CCNL E’ CURATO:

 

DAL CENTRO STUDI DI CONFEDERTECNICA

 

DALL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DEL SANNIO – DIPARTIMENTO DEMM

Prof. Gaetano Natullo (coordinatore)

COMITATO TECNICO DI CONFEDETECNICA

Enrico Stasi (presidente Confedertecnica)

Calogero Lo Castro (v.p. Confedertecnica)

Stefano Meo (segretario Confedertecnica)

Nazzareno Iarrusso (presidente Federarchitetti)

Mario D’Onofrio (presidente Federgeometri)

Gianfranco Merisio (presidente Federperiti)

 
 Roma, versione aggiornata all’ 8 Gennaio 2021
 
Email: confedertecnica@confedertecnica.it
 
 Premessa
L’elaborazione di una nuova regolamentazione contrattuale collettiva per gli studi professionali deve partire dalla consapevolezza delle specificità del mondo delle professioni tecniche, avendo come riferimento, innanzitutto, la fisionomia delle relazioni di lavoro attualmente preponderanti nella prassi e, in secondo luogo, le principali problematiche che gli studi professionali e i professionisti incontrano nelle diverse fasi del rapporto di lavoro.
Vi sono alcuni dati di partenza che occorre considerare per avere contezza dei caratteri principali del mondo delle professioni, emersi chiaramente sia dai più recenti rapporti delle professioni tecniche elaborati dalle relative associazioni1 che dalle ultime analisi svolte dalle principali organizzazioni di rappresentanza dei professionisti2; si intende far riferimento alla sussistenza di:

  1. 1. un variegato panorama contrattuale dei professionisti dell’area tecnica che vede la compresenza di: a) prestatori di lavoro in regime di lavoro subordinato; b) prestatori di lavoro che collaborano alle attività dello studio, prestando attività lavorative a prevalente contenuto professionale, per le quali sia prevista l’iscrizione ad albi/collegi/registri; c) collaboratori mono-committenti; d) lavoratori autonomi che condividono o meno l’attività con uno o più soci e lavoratori autonomi che svolgono la propria attività nell’ambito di una rete, con o senza soci.
  2. 2. sensibili differenze di contesto geografico-territoriale presenti su scala nazionale, dipendenti anche dalla maggiore dinamicità di alcune regioni rispetto ad altre nella gestione delle risorse finanziarie statali e/o comunitarie;
  3. 3. sensibili differenze legate alle dimensioni degli studi professionali, che, tra le varie conseguenze, conducono all’operare su mercati territoriali più o meno vasti, ad un diverso onere di aggiornamento professionale, ad una differente attrazione rispetto a lavori che necessitano di competenze multidisciplinari;
  4. 4. peculiarità strutturali di ogni attività lavorativa professionale, cosicché a figure di professioni polifunzionali con formazione multidirezionale si alternano profili professionali più settoriali poco integrati in modelli organizzativi multidisciplinari. Le principali problematiche di ordine generale da affrontare sono le seguenti:
  1. 1. l’inadeguatezza di una regolamentazione contrattuale che guardi prevalentemente al rapporto di lavoro subordinato;
  2. 2. l’ontologica, e incolpevole, incapacità della contrattazione di primo livello di cogliere e, conseguentemente, regolamentare in modo onnicomprensivo ed adeguato le specificità del mondo delle professioni tecniche, che siano territoriali, dimensionali e/o professionali.
  3. 3. l’esistenza di rischi per i professionisti dell’area tecnica connessi all’aumento dei costi di gestione dell’attività libero professionale, alla difficoltà di recupero dei crediti dei lavori svolti indipendentemente dall’identità del debitore (pubblica amministrazione, imprese o privati), ai frequenti cambiamenti normativi, all’evoluzione tecnologica.   Nell’approcciarsi ad una nuova regolamentazione contrattuale che guardi alla fisiologia e alla patologia del mondo delle professioni tecniche si ritiene, inoltre, necessario fissare un obiettivo di più ampio respiro; a tal riguardo è utile richiamare il cd. obiettivo condiviso che nel 2011 ha ispirato la contrattazione collettiva del settore e che, anche se non espressamente riprodotto nel CCNL del 2015, sembra poter continuare ad orientare fruttuosamente la regolazione negoziale; ci si riferisce al dichiarato scopo di “stabilizzare, qualificare e fidelizzare la forza lavoro del settore valorizzando le potenzialità professionali e occupazionali, in particolare dei giovani, mediante interventi che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e consentano, governandola, una maggiore flessibilità nell’impiego dei lavoratori”. 1 Cassa Geometri, Rapporto 20 aprile 2017, Cassa Geometri: una professione solida, multidisciplinare, proiettata al futuro; CENSIS, I Nuovi orizzonti dell’EPPI: nuove strategie ed innovazione dell’offerta previdenziale ed assistenziale; Centro studi Consiglio Nazionale dei Geologi, La professione del geologo e il mercato dei servizi di geologia in Italia D.Lgs. 50/2016 e Correttivo D.Lgs. 56/2017, 2018.; Inarcassa, Report sociale 2018; Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali, Secondo Rapporto sulle Professioni Regolamentate in Italia. Numeri, dimensioni, tendenze, cambiamento, ottobre 2018.  
  4. Proposte
  5. 2 Confprofessioni, Osservatorio delle libere professioni (a cura di), Rapporto 2018 sulle libere professioni in Italia; Giunta Esecutiva Confedertecnica, Proposte per l’elaborazione di una nuova regolamentazione contrattuale collettiva di lavoro per gli studi professionali, per le esigenze dell’“area tecnica”, 11 novembre 2019.
  1. Una prima direzione di intervento per la contrattazione collettiva concerne un adeguamento delle tipologie contrattuali, combinando l’esigenza imprescindibile di aggiornamento alle ultime novità normative con la necessità di strutturare le tipologie contrattuali adottando uno sguardo sistematico al fine di valorizzare la correlazione tra tipologia contrattuale, prevalente finalità cui essa si ispira e relativo regime. L’utilità, infatti, di considerare in fase di contrattazione le diverse tipologie contrattuali esistenti anche in un’ottica di comparazione con istituti simili o concorrenti consiste nell’ideare una disciplina in grado di permettere un uso corretto degli strumenti contrattuali, ossia rispettoso del fine tipologicamente predeterminato, ed efficace, nel senso di facilitare l’individuazione dello schema contrattuale più adatto alle esigenze dello specifico studio e dello specifico professionista. Nel CCNL degli studi professionali del 2015 si osserva criticamente la presenza di una caratterizzazione delle tipologie contrattuali che non valorizza quanto potrebbe la pluralità della strumentazione giuridica esistente nel nostro ordinamento, nella sua identità di apparato tipologico duttile e funzionale a rispondere alle esigenze plurali e variegate degli studi professionali. In questa direzione, al fine di specificare gli utili ambiti di intervento, alla luce delle esigenze presentate in premessa di cui il mondo degli studi professionali è portatore, le proposte saranno presentate adottando tre “categorie” di sistemazione delle tipologie contrattuali:
  1. 1. strumenti contrattuali rispondenti ad esigenze di flessibilizzazione;
  2. 2. strumenti contrattuali “a causa mista” in cui è presente una componente di riduzione del costo del lavoro;
  3. 3. strumenti contrattuali alternativi al tradizionale rapporto di lavoro subordinato.
  • STUMENTI CONTRATTUALI RISPONDENTI AD ESIGENZE DI FLESSIBILIZZAZIONENell’ottica sopradescritta gli strumenti contrattuali appartenenti a questa “categoria” possono essere a loro volta distinti nella seguente dicotomia:

 

  1. a) Strumenti finalizzati alla flessibilizzazione dell’impiego della forza lavoro
  2. 1. CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO Il titolo XI (artt. 52-54) del CCNL degli studi professionali 2015 deve essere innanzitutto aggiornato alle novità normative introdotte con il d.l. 12 luglio 2018, n. 87 (convertito dalla l. 9 agosto 2018, n. 96) che ha modificato in diverse parti il capo III del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. L’intervento oggi ammesso sull’istituto da parte della contrattazione collettiva riguarda, dunque, aspetti essenziali, così da garantire un corretto utilizzo del contratto a termine, che può essere utilmente impiegato dagli studi professionali per esigenze non altrimenti fronteggiabili.
  3. Come noto, il contratto collettivo di prossimità ex art. 8, l. 14 settembre 2011, n. 148, nonché dal cd. Testo Unico sulla rappresentanza del 2014, può riguardare la regolazione del contratto a termine; seppur nella consapevolezza di tutti i limiti derivanti dall’assetto gerarchico stabilito dal legislatore in materia di rapporto tra legge e livelli della contrattazione collettiva, il CCNL potrebbe svolgere il ruolo di cornice normativa nella quale poi inserire le necessarie variazioni legate a specifici territori e realtà organizzative, così da incentivare una combinazione fruttuosa delle fonti. Il presente strumento è, così, prezioso per le sopracitate necessità di adeguamento degli schemi contrattuali alle specifiche esigenze degli studi professionali, senza perdere di vista l’ottica di una regolamentazione di base omogenea.
  4. Il nuovo impianto normativo lascia degli spazi di intervento alla contrattazione collettiva per quanto concerne i seguenti aspetti: – il termine di durata massima dei contratti a termine connesso alla presenza di causali individuabili dalla stessa contrattazione; – il limite quantitativo derivante dalla cd. clausola di contingentamento; – le condizioni della riassunzione.
  1. 2. LAVORO INTERMITTENTE
  2.  Come noto, la flessibilità temporale connessa all’utilizzo di questo istituto consiste nella possibilità di utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi. L’art. 56, comma 2 del CCNL degli studi professionali precisa che la fattispecie È, dunque, in un simile ambito che uno sguardo sistematico in sede di negoziazione della contrattazione collettiva potrebbe essere utile per sfruttare a pieno la potenzialità di questo schema contrattuale, prendendo in considerazione le specificità dimensionali e professionali presenti nei singoli studi professionali in sede di individuazione delle esigenze.
  3. contrattuale è stipulabile in periodi di particolare intensità lavorativa quali: dichiarazioni annuali nell’area professionale economica – amministrativa e nelle altre attività professionali; archiviazione documenti; informatizzazione del sistema o di documenti per tutte le aree professionali. Seppure l’elencazione abbia carattere puramente esemplificativo, una simile individuazione rappresenta un’occasione mancata per la contrattazione collettiva di indirizzare un più proficuo uso dello schema contrattuale, allorquando le attività richiamate possono essere svolte da parte di titolari di altri rapporti contrattuali, anche meno onerosi, quali il contratto di reimpiego, l’apprendistato o il contratto a termine per studenti universitari o scuole superiori.
  4. Il titolo XIII, art. 56 del CCNL degli studi professionali 2015 non necessita di un aggiornamento normativo, ma di un adeguamento sistematico.
  1. 3. SOMMINISTRAZIONE
  2.  Si tratta di uno schema contrattuale in grado di governare le esigenze di flessibilità del settore: è, infatti, una fattispecie utile sia in piccoli studi durante periodi di lavoro particolarmente intenso, ma anche in contesti più ampi caratterizzati da grandi livelli di interdisciplinarietà e specializzazione.
  3. Questo istituto, inoltre, può essere utilmente impiegato al cd. fine occupazionale, che abbiamo visto ispirare la contrattazione collettiva nel settore degli studi professionali sin dal CCNL del 2011: esso, infatti, può favorire la trasformazione o la tendenziale stabilizzazione dei lavoratori somministrati. Anche sotto tale ottica è possibile cogliere l’utilità dell’approccio sistematico, così rimarcando il differente utilizzo che, pur a fronte di esigenze simili, può condurre lo studio professionale a preferire un lavoratore somministrato. È, dunque, utile conservare questo approccio in sede di contrattazione sindacale, dal momento che il nuovo impianto normativo lascia degli spazi di intervento non indifferenti alla contrattazione collettiva per quanto concerne i seguenti aspetti: – il termine di durata massima dei contratti di somministrazione a tempo determinato connesso alla presenza di causali individuabili dalla stessa contrattazione; il limite quantitativo derivante dalla cd. clausola di contingentamento.
  4. Il titolo XIII, art. 55 del CCNL degli studi professionali 2015 deve essere innanzitutto aggiornato alle novità normative introdotte con il d.l. 87/2018, che ha modificato in diverse parti il capo IV del d.lgs. 81/2015.
  1. 4. CONTRATTO PART-TIME
  2.  In altri termini, la flessibilità temporale consentita dall’istituto è volta ad agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, consentendo ai lavoratori di conciliare gli impegni lavorativi e quelli personali e al datore di lavoro di far fronte alle diverse esigenze produttive; il contratto part-time, soprattutto grazie agli strumenti del cd. lavoro supplementare e delle clausole elastiche, può ritenersi in astratto in concorrenza con varie formule contrattuali. Si può, quindi, segnalare l’utilità di sfruttare la possibilità fornita alla contrattazione collettiva di delineare più precisamente le condizioni di utilizzo degli altri tipi contrattuali,
  3. senza condurre ad inutili sovrapposizioni con le esigenze che potrebbero proficuamente essere soddisfatte tramite il ricorso al contratto part-time, nella sua identità di strumento flessibile e duttile alle varie esigenze, anche quelle più estemporanee.
  4. Il titolo X (artt. 35-51) del CCNL degli studi professionali 2015 non necessita di aggiornamento normativo, ma di uno sguardo sistematico utile più ad intervenire su altri istituti che su quello in questione.
  1. b) Strumenti finalizzati al contempo alla flessibilizzazione organizzativa e alla flessibilità dei tempi e dei luoghi di svolgimento del lavoro subordinato.
  2. 1. TELELAVORO (Titolo XIV, artt. 57-72 CCNL degli studi professionali 2015)
  3. 2. LAVORO AGILE Rispetto ai suddetti istituti la negoziazione dovrà contemporaneamente aggiornare il CCNL alle novità introdotte con la l. 22 maggio 2017, n. 81, che, agli artt. 18 e ss., ha disciplinato il lavoro agile, e, al contempo, deve avere tra gli obiettivi prioritari quello di regolarne la convivenza con il telelavoro, “ponendo a sistema” i due strumenti.
  4. Più chiaramente, l’introduzione legislativa del lavoro agile può utilmente combinarsi con un’attività del sistema di relazioni industriali orientata a:
  1. – contribuire alla diffusione delle buone prassi esistenti;
  2. – incentivare e promuovere il suo utilizzo;
  3. mettere a fuoco il perimetro normativo, i connessi aspetti definitori e di struttura rispetto alla fattispecie del telelavoro. L’oggettiva dilatazione della nozione di ambiente di lavoro e tempo di lavoro permessa dall’evoluzione tecnologica trapiantata nei modelli organizzativi di lavoro se, da un lato, può essere un vantaggio per le specifiche esigenze del mondo delle professioni tecniche, in cui è sovente superfluo il coordinamento spazio-temporale della prestazione di lavoro rispetto all’organizzazione aziendale in quanto attività più frequentemente connessa al raggiungimento del risultato e consistente in una professione prevalentemente intellettuale, dall’altro lato, rischia la concretizzazione di una confusione delle normative in tema di salute e sicurezza, orario di lavoro e controllo della prestazione resa a distanza. La contrattazione collettiva nazionale può, dunque, utilmente espletarsi in due direzioni:
  4. Un ulteriore aspetto problematico, non di minore importanza, sotteso allo strumento del lavoro agile concerne la rimessione della sua regolamentazione all’autonomia individuale delle parti, elemento di dubbia consistenza data l’ontologica asimmetria contrattuale che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato.
  1. – verso una più esatta perimetrazione dei confini tra telelavoro e lavoro agile;
  2. – verso il sostegno all’autonomia individuale, con una generale regolamentazione delle condizioni e dei contenuti del patto di lavoro agile.
  1. c) Strumenti contrattuali “a causa mista” in cui è presente una componente di riduzione del costo del lavoro
  2. 1. CONTRATTO DI REIMPIEGO (Titolo XII, Art.54 CCNL degli studi professionali 2015)
  1. 2. CONTRATTI A TERMINE PER STUDENTI UNIVERSITARI O SCUOLE SUPERIORI (Art. 53-bis CCNL degli studi professionali 2015)
  2. 3. APPRENDISTATO (Titolo IX, Artt. 27-34 CCNL degli studi professionali 2015) Le suddette tipologie contrattuali permettono agli studi professionali di ridurre il costo del lavoro neutralizzando il rischio dell’aumento dei costi di gestione dell’attività libero professionale e perseguendo al contempo finalità occupazionali e di formazione dei giovani, così innescando un circolo virtuoso di vantaggi. In riferimento ai contenuti della formazione, si segnala una concorrenza problematica di fonti (legge statale/legge regionale/regolamento ministeriale/contrattazione collettiva), diversamente disciplinata a seconda del tipo di apprendistato e sicuramente produttrice di quelle sensibili differenze di contesto geografico-territoriale che possono essere un elemento di rischio per alcuni settori professionali. Occorre interrogarsi, dunque, sul ruolo della contrattazione collettiva sul tema, al fine di valorizzare il policentrismo ordinamentale nel senso di fattore che agisce da moltiplicatore delle occasioni di formazione. Al tempo stesso, occorre, che la formazione non si riduca ad un adempimento formale di ore da svolgere, ma si sostanzi in un reale arricchimento professionale di competenze; è, dunque, importante valorizzare il ruolo ancora riconosciuto al contratto collettivo nell’ambito dell’apprendistato professionalizzante.
  3. Si segnala, infatti, come la formazione sia un antidoto essenziale, soprattutto per gli studi di piccole dimensioni, per non subire passivamente il continuo e veloce progresso dell’evoluzione tecnologica e la concorrenza sul mercato di modelli organizzativi strutturati in modo simile ad un’impresa capaci di attirare una più ampia platea di interlocutori monopolizzando il mercato.
  4. Occorre sottolineare che mentre l’apprendistato risponde ad una prospettiva di lungo termine, il contratto a termine si connota per una funzionalizzazione ad esigenze temporanee e contingenti; la contrattazione collettiva potrebbe, dunque, incentivare l’utilizzo di tali strumenti e modulare l’offerta formativa in modo più confacente alle esigenze dei singoli studi professionali, a seconda della prospettiva temporale che si vuole adottare e anche tenendo conto della dimensione del singolo studio e della multidisciplinarietà dello stesso.
  1. d) Strumenti contrattuali alternativi al tradizionale rapporto di lavoro subordinato Come evidenziato in premessa, una caratteristica peculiare del mondo delle professioni tecniche consiste nell’operare in esso di una molteplicità di figure che hanno più contatti con la realtà del lavoro autonomo, piuttosto che con quella del lavoro subordinato. Una lettura dei suddetti rapporti lavorativi stretta in una rigida dicotomia autonomia/subordinazione finisce, tuttavia, per ignorare l’estrema varietà delle concrete modalità lavorative in cui si atteggia la prestazione intellettuale nell’area tecnica, così non fornendo, da un lato, agli studi professionali la possibilità di instaurare i rapporti lavorativi più confacenti alle proprie esigenze, e dall’altro, ingabbiando i lavoratori in schemi contrattuali non perfettamente aderenti alle loro ambizioni professionali né all’effettivo dipanarsi del rapporto lavorativo. Per orientare la suddetta riflessione, occorre, innanzitutto, segnalare che il legislatore ha posto fuori dall’ambito applicativo dell’art. 2, d.lgs. n. 81/2015 – che equipara le collaborazioni coordinate ope legis (a far data dal 1° gennaio 2016) alla fattispecie standard del lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) – le collaborazioni: a) realizzate sulla base di accordi collettivi in ragione di particolari esigenze produttive o organizzative di uno specifico settore; b) prestate da professionisti intellettuali iscritti ad albi. In quest’ambito vi è uno spazio lasciato vuoto dalla CCNL del 2015, che occorrerebbe colmare quanto prima. Si delineano, dunque, le seguenti aree di intervento della contrattazione collettiva.
  2. È possibile, in realtà, cogliere positivamente una tale esclusione come un segnale che rende ancor più necessario interrogarsi sulla più adeguata collocazione del professionista dell’area tecnica al di fuori del tradizionale schema della subordinazione.
  3. Partendo, dunque, dalla necessità della predisposizione di ulteriori modelli contrattuali, la negoziazione collettiva potrebbe riguardare più approfonditamente altre figure contrattuali, cercando di riflettere sulla loro convenienza rispetto alle esigenze del mondo delle professioni.
  1. 1. CONTRATTO IBRIDO È uno schema contrattuale complesso, risultato della parallela coesistenza tra le stesse parti di un contratto part-time a tempo indeterminato e di un contratto di lavoro autonomo fuori sede. Per quanto trattasi di uno schema contrattuale a disposizione dei contraenti in virtù del fisiologico svolgimento dell’autonomia privata, si osserva che una codificazione collettiva relativa a questo strumento, anche a livello aziendale, meriterebbe di essere considerata come una strada interessante in grado di garantire un valore aggiunto, derivante dalla capacità di:
  2. Esso è stato per la prima volta sperimentato nel sistema bancario.
  1. – favorire lo sviluppo economico e l’occupazione ed assicurare l’adattabilità delle normative vigenti alle esigenze degli specifici contesti;
  2. – indirizzare l’impatto economico organizzativo di questo strumento di collaborazione professionale;
  3. – stabilizzare dal punto di vista tecnico giuridico le modalità di coesistenza tra l’autonomia e la subordinazione (esemplificando, gli elementi su cui dovrà concentrarsi la discussione in sede di negoziazione collettiva sono l’apprezzabile differenza di oggetto delle obbligazioni assunte delle parti, i tempi di esecuzione, la ripartizione del rischio del mancato raggiungimento del risultato, la consistenza del coordinamento con il committente). Un simile schema contrattuale permetterebbe di modulare il costo del lavoro e contemperare l’esigenza di stabilità del professionista, soprattutto dal punto di vista economico, con il lato dinamico di maggiore libertà organizzativa che caratterizza l’attività lavorativa svolta in forma autonoma.
  1. 2. PARASUBORDINAZIONE La suddetta opera di perimetrazione definitoria dei confini tra l’autonomia e la subordinazione potrebbe avere anche un indiretto effetto positivo in ordine alla differenza con le ipotesi di parasubordinazione, ancora molto frequenti, nel presente e probabilmente anche nel futuro, nella realtà degli studi A tal riguardo, si segnala che l’art. 15 della l. 81/2017 ha modificato l’art. 409 c.p.c., statuendo che “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”. Le suddette forme di collaborazione sarebbero, infatti, escluse dal perimetro della cd. etero-organizzazione in quanto rientranti nella lett. a) dell’art. 2, d.lgs. 81/2015 (“realizzate sulla base di accordi collettivi in ragione di particolari esigenze produttive o organizzative di uno specifico settore”); la stessa disposizione sembra, dunque, riconoscere la possibilità di una loro regolamentazione in base ad accordi collettivi come forme di un rapporto contrattuale che si concretizza, in realtà, in una falsa autonomia. Tale specificazione serve anche a porre al riparo la contrattazione collettiva che investe tali forme di collaborazione da una censura di regolamentazione in contrasto con la normativa europea di protezione della concorrenza.
  2. Alla luce dell’evidente difficoltà di cogliere un significato assoluto alla suddetta definizione normativa, potrebbe, dunque, essere utile ragionare su cosa significhi nella specifica realtà degli studi professionali “modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti”.
  3. professionali. Non si tratta di un mero vezzo definitorio, ma di un’operazione di riflessione necessaria per le ricadute in punto di disciplina derivanti dall’utilizzo dell’una o dell’altra fattispecie.
  1. 3. LAVORATORE AUTONOMO ECONOMICAMENTE DIPENDENTE Qualora, invece, il rapporto lavorativo che lega un soggetto allo studio professionale prescinda completamente, sia per interesse dei contraenti che per effettive esigenze dell’attività lavorativa, da un incardinamento nella struttura organizzativa interna, il contratto di lavoro genuinamente autonomo è sicuramente la forma preferita. Tuttavia, anche quando la concreta modalità di espletamento della prestazione sia completamente estranea alla fattispecie della subordinazione, non è da escludere che il lavoratore in questione possa risultare connotato da profili di debolezza, evidenti soprattutto nel caso in cui il lavoratore autonomo sia un collaboratore mono-committente. Basti pensare ai rischi cui è esposto il professionista derivanti dal mancato o dal ritardato pagamento da parte dei clienti, eventualmente prodotto da tempi lunghi, dall’insorgenza di fallimenti e contenziosi o da minimi tariffari improponibili. La strada a disposizione della contrattazione collettiva potrebbe, dunque, essere quella di una maggiore specificazione delle tutele inserite in via normativa, anche mediante la predisposizione di una modellistica contrattuale utilizzabile per l’affidamento degli incarichi professionali nel settore privato.
  2. Se, infatti, dal punto di vista del welfare il CCNL degli studi professionali del 2015 ha dedicato ai lavoratori autonomi una più sofisticata regolamentazione (nella specie, gli artt. 13 e 14 del CCNL degli studi professionali del 2015 hanno esteso alcune misure di welfare derivanti dalla bilateralità ai praticanti e ai collaboratori con partita IVA), dal punto di vista della regolamentazione del rapporto contrattuale non vi è ancora nessuna previsione collettiva dedicata.
  3. A tal riguardo, la contrattazione collettiva potrebbe valorizzare l’intervento del legislatore, che seppur timidamente, ha iniziato a dimostrare un più concreto interesse verso il mondo dell’autonomia nella sua realtà fisiologica e genuina; ci si riferisce alla l. 81/2017 che investe una pluralità di aspetti del rapporto di lavoro autonomo inserendo guarentigie formali (ad esempio, la forma scritta della stipulazione del contratto) e sostanziali (ad esempio, la stigmatizzazione di alcune clausole contrattuali come abusive, tra cui quelle che attribuiscono la facoltà di modificare unilateralmente il contratto, di recedere senza congruo preavviso, di prevedere termini di pagamento superiori ai sessanta giorni dal ricevimento della fattura o dalla richiesta di pagamento; la previsione della sanzione della nullità per l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie; l’operare delle disposizioni previste dal d.lgs. 231/2002 idonee a prevenire e sanzionare i ritardi nelle transazioni commerciali con le imprese; l’equo compenso).
  1. 4. ACCORDI SINDACALI DI TRANSIZIONE Considerando che la scelta di lavorare in autonomia può mutare nel corso del tempo, per esigenze dello stesso professionista e/o dello studio professionale, un ulteriore ambito di intervento contrattuale sulla “zona grigia” si riconosce negli accordi sindacali per la transizione da forme contrattuali non-standard, ascrivibili all’area del lavoro autonomo, a rapporti di lavoro dipendente. Sebbene il legislatore del Jobs Act non abbia investito l’autonomia collettiva di specifiche competenze in materia, è verosimile supporre che la contrattazione, specie di prossimità, possa operare simili interventi a supporto dell’autonomia individuale, anche in risposta all’incentivo posto dall’art. 54, d.lgs. 81/2015 alla stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi e dei titolari di partita IVA.
  1. L’aggiornamento normativo del contratto collettivo non può trascurare un profilo centrale dell’area tecnica, ossia la professionalità, intesa sia nella sua dimensione statica che in quella dinamica. Alla luce della cornice normativa predisposta dall’art.3, d.lgs. 81/2015 che ha modificato l’art. 2103 c.c., il ruolo della contrattazione collettiva vive oggi una nuova centralità per quanto concerne:
  • il sistema di inquadramento predisposto dalla contrattazione collettiva, oggi riferimento essenziale per l’esercizio dello jus variandi. A tal riguardo, si può dire che si riconosce all’autonomia collettiva un vero e proprio ruolo regolativo, differente ed ulteriore rispetto alla funzione tradizionale di determinazione del corrispettivo; per non sprecare quest’occasione, dunque, la contrattazione collettiva dovrebbe riflettere sull’adeguatezza degli inquadramenti attuali, dal momento che è investita di un ruolo di responsabilità, ossia quello di delimitare l’area di mobilità consentita in modo più aderente al dato reale dell’organizzazione senza frustrare l’esigenza di tutela della professionalità del lavoratore;
  • la previsione di ulteriori ipotesi rispetto a quelle previste dal novellato art. 2103 c.c. di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore;
  • l’individuazione del periodo decorso il quale l’assegnazione a mansioni superiori diviene definitiva. Occorre, inoltre, segnalare che permane la vigenza dell’art. 8, l. 148/2011, che espressamente contempla la facoltà del contratto collettivo di prossimità di stipulare accordi con riguardo «alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del lavoratore»; rimane questo un aspetto problematico di concorrenza dei livelli della contrattazione collettiva, che impone una riflessione sui margini di contemperamento Un ulteriore ambito su cui la contrattazione potrebbe utilmente intervenire concerne la formazione: l’intervento legislativo del 2015 ha inserito un “obbligo formativo” da assolvere “ove necessario, in caso di mutamento di mansioni”. La disposizione è priva di un apparato sanzionatorio ed ambigua in punto di formulazione, sia per quanto concerne la sua natura giuridica che le condizioni di operatività; essa è, al contempo, potenzialmente molto importante, soprattutto per il settore dell’area tecnica, in quanto funzionale ad evitare il rischio di quote di professionalità obsolete anche in funzione dell’occupabilità dei lavoratori.
  • Si potrebbe, dunque, immaginare un intervento della contrattazione collettiva teso a valorizzare e specificare il suddetto “obbligo” formativo.
  • dell’esigenza di flessibilità del datore di lavoro con le legittime aspettative di carriera del personale e di tutela della professionalità acquisita.
  1. Un ulteriore profilo di discussione in sede di contrattazione sindacale potrebbe riguardare la tematica dei cd. controlli a distanza, rispetto alla quale il CCNL del 2015 necessita di un aggiornamento normativo alla luce della disciplina derivante dal d. lgs. del 14 settembre del 2015, n. 151, che ha riscritto l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Al di là della disciplina presente nel CCNL del 2015 relativa ai controlli a distanza rispetto al telelavoro e alla già precedentemente segnalata necessità di regolarne le differenze rispetto al lavoro agile, c’è da considerare che un utile intervento della contrattazione collettiva potrebbe riguardare il rapporto sussistente tra controllo e privacy, sotto lo specifico aspetto dell’obbligo informativo nei confronti dei lavoratori rispetto alle finalità e alle modalità del trattamento dei dati, alla natura obbligatoria e facoltativa del conferimento dei dati, alle conseguenze di un eventuale rifiuto, ai soggetti cui tali dati possono essere comunicati e ai responsabili aziendali del trattamento dei dati.
  1. Un ulteriore ambito di riflessione in sede contrattuale potrebbe riguardare il rapporto tra retribuzione e produttività. La prestazione dei lavoratori all’interno degli studi professionali nella maggioranza dei casi è, infatti, meno correlata alla quantità di ore di lavoro prestato, dipendendo soprattutto dal conseguimento dei risultati realizzati. Sarebbe, dunque, da valorizzare la cd. parte variabile della retribuzione, che consente una variabilità della retribuzione complessiva, ultimamente sempre più incentivata dal legislatore tramite la previsione di sgravi contributivi e/o regimi fiscali agevolati.  
  2. Alla luce dell’accordo interconfederale del 9 marzo 2018 (cd. Patto della Fabbrica), la contrattazione collettiva potrebbe intervenire sul rapporto dinamico tra il “trattamento economico minimo” (TEM) e il “trattamento economico complessivo” (TEC).
  1. Occorre segnalare, per completezza, che l’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha reso necessari numerosi interventi di modifica su molteplici istituti giuslavoristici; il quadro normativo che attualmente
  1. ne deriva non si può definire assestato, ma in continuo divenire. Non pare opportuno in questa sede considerare in modo analitico le singole discipline alla luce di questo turbolento avvicendarsi di normative più o meno transitorie, ma non si può non formulare almeno un monito consistente nella imprescindibile necessità di tener conto dell’influenza di tale legislazione, per ora emergenziale, nel preciso momento temporale in cui avverrà il rinnovo del CCNL.

 

  1. Roma 08 Gennaio 2021.