Saremo fissati, certamente. Ma è sempre troppo poco ribadire quanto la consulenza di tecnici preparati possa evitare sorprese davvero terribili nelle circostanze più disparate.
Andare a risparmiare su una consulenza oggi può diventare davvero una brutta matassa da sbrogliare in un domani immediato.
I fatti sono questi: Tizio vende a Caio nel luglio 2016 una “villetta” in una zona nei pressi di un bel litorale del centro Italia.
Ma la villetta come nasce? Andando a spulciare tutta la documentazione acquisita si vede come nasca nel lontano 1985 o giù di lì una baracca in lamiera per ricovero attrezzi. L’area di sedime della baracca è all’interno di una certa particella, che verrà chiamata X.
Approfittando del primo condono (legge 47/85), per la baracca viene chiesta la concessione in sanatoria in quanto edificata abusivamente e su terreno ricadente in Zona E – agricola per giunta. Poi, a seguito di ampliamento del manufatto inferiore al 30% e della realizzazione di una piccola piscina, viene presentata un’altra domanda di concessione in sanatoria ai sensi della legge 724/94. Nel frattempo la baracca è diventata una casa di civile abitazione di circa mq. 65,00. Alla domanda di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge 724/94 il proprietario allega la dichiarazione che per edificare la “casa” si era demolita la baracca già oggetto di condono ai sensi della precedente legge.
M ciò non corrisponde a verità, come si vedrà nelle foto seguenti.
Inoltre, la casa viene ampliata praticamente a ridosso dell’adiacente canale.
Infatti nel 2007 Tizio aveva acquistato la striscia di canale adiacente (e qui si aprirebbe ben altro discorso sul tombinamento dei canali…) alla quale era stata assegnata la particella Y.
Comunque nel 2007 giunge la sanatoria per entrambi le domande presentate, sia quella della legge 47/85 che quella della legge 724/94. Sotto condizione che venga richiesto per iscritto il rilascio del certificato di agibilità (mai fatta richiesta). Da evidenziare il fatto che nella sanatoria anzi nelle sanatorie rilasciate, si fa menzione espressa della proprietà formata dalla Particella X ma anche dalla Particella Y. Nel 2016 verrà venduta la casa sulla particella nella quale ricade (la X), ma in questa maniera l’altra particella , la Y, risulterà piccolo lotto intercluso. Altro problema.
Arriviamo al 2016.
Tizio mette in vendita la casa, a Caio piace – così come da frase di rito nel rogito; il notaio non solleva minimamente la questione della mancata richiesta del certificato di agibilità. Gli basta l’APE. E su ciò si fa l’atto di compravendita. E anche su questo ci dobbiamo indignare: è verissimo che non sussista l’obbligo di allegare la agibilità (ex abitabilità) al rogito infatti, come specificato nel D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 – Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (entrato in vigore definitivamente il 30 giugno 2003), si prevede che il certificato di agibilità debba essere richiesto solo per:
- le nuove costruzioni;
- le ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
- gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di igiene e sicurezza.
Dunque, a partire dall’entrata in vigore del T.U. sull’edilizia il certificato di agibilità deve essere richiesto dal venditore e consegnato all’acquirente necessariamente solo per i nuovi edifici (ossia quelli costruiti successivamente al 30/06/2003) o per quelli già esistenti per i quali siano stati eseguiti talune tipologie di interventi edilizi.
Però, come evidenziato nel Blog del notaio Massimo D’Ambrosio “Negli ultimi anni la tendenza delle Corti è nel senso di considerare il certificato di agibilità come un requisito giuridico sempre più importante del bene oggetto di compravendita, ma solo in quanto attesterebbe la fruibilità dell’immobile ad un determinato uso. Nella sentenza della Cassazione Civile, sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157 si legge che “la consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto.” In una recentissima sentenza, la n. 24386 del 8 febbraio 2016, la Corte di Cassazione ha precisato che la vendita di un immobile privo di certificato di agibilità configura una vendita di cosa in parte o del tutto diversa da quella dedotta in contratto. In tale circostanza il compratore potrebbe chiedere legittimamente o la risoluzione del contratto (ovvero lo scioglimento del contratto) o l’adempimento dello stesso qualora abbia interesse all’acquisto, ferma la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni. Ma non è tutto. La S. Corte ha stabilito anche che l’acquirente può rifiutarsi di firmare il rogito, anche qualora abbia già stipulato il contratto preliminare”.
Il notaio D’Ambrosio continua: “Insomma la Cassazione ha stabilito che se manca l’agibilità per adibire un immobile a casa di abitazione e quindi l’immobile può essere utilizzato solo per altri scopi (ad es.: magazzino) l’acquisto è valido lo stesso, ma l’acquirente ha acquistato una cosa per un altra, con lesione dei suoi diritti”.
Forse potrebbe essere questo il caso.
Quindi l’acquirente futuro sig. Caio vede la casa, vede la piscina, il giardino ben curato, il posto, il prezzo (davvero elevato a nostro parere), gli piace e acquista. Punto. Senza minimamente pensare a farsi assistere da un tecnico che lo consigli anche con un sopralluogo nell’unità.
Perché, è giusto precisarlo, il venditore davvero non attua un dolo – cioè un atto intenzionalmente dannoso o fraudolento, ma purtroppo quando due anni dopo l’acquisto il proprietario attuale decide di presentare istanza per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria nell’immobile, escono le sorprese.
La casa non è recentissima, i pavimenti vanno sostituiti, gli impianti vanno messi a norma, magari si vorrebbe spostare una parete..
Ecco quello che esce fuori: non c’è solaio, il pavimento è semplicemente appoggiato su terra con uno strato di colla; non c’è struttura portante, il manufatto si regge su dei pali in legno infissi nel terreno e marciti; non ci sono pareti, queste sono ancora in lamiera (ma non era stato dichiarato che era stata demolita la baracca?) rivestite di cartongesso. I tubi dell’acqua sono poggiati sul terreno senza neanche essere incartati (per quello che poteva servire..).
Epilogo: causa presso il Tribunale civile per vizi di costruzione.
Infatti il prezzo pagato (davvero ingiustificato per il rapporto qualità/prezzo) corrisponde all’acquisto di un manufatto appunto non già di una casa di civile abitazione.
Pertanto si chiede o una diminuzione della cifra pagata (quindi una restituzione economica oppure la nullità dell’atto di acquisto.
L’avvocato della Parte resistente e convenuta si appella alla prescrizione dell’azione di garanzia ex art. 1495 co. III c.c.: “L’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna”.
L’avvocato inoltre si appella alla inammissibilità del procedimento di istruzione preventiva ex art. 696 c.p.c.: “Non risulta dedotto nel ricorso alcun motivo di urgenza che giustifichi un accertamento tecnico ante causam“.
Si rigetta dunque la richiesta di una CTU avanzata dalla Parte attrice.
Gatta da pelare per il CTU poi nominato dal giudice, ma questa è storia nota per noi. Allora noi vorremmo chiedere a tutti coloro che, pensando di essere in grado di gestirsi da soli le questioni che farebbero bene invece a delegare a chi ne sa di più: vale la pena andare ad incorrere in una questione così mortificante e inutile?
Ma forse che l’accertamento tecnico non andrebbe fatto con il proprio professionista prima dell’acquisto e non dopo?
Noi, che veniamo sempre chiamati a frittata fatta per sistemare gli impicci fatti da altri, noi che veniamo chiamati a districare matasse in qualità di CTU spesso inutili e soprattutto per noi non redditizie, noi che abbiamo investito la nostra vita nella serietà e professionalità, noi quando veniamo considerati per quello che possiamo offrire?
Solo dopo e magari anche tirando sul costo che chiediamo? Quando già si sono buttati soldi al vento con errori su errori o anche con parcelle di notai che spesso neanche ci tutelano?
(Fonte: Blog del notaio Massimo D’Ambrosio per i riferimenti circa l’agibilità).