Con il Nuovo Codice degli Appalti si giocano le ultime possibilità di sopravvivenza per le piccole e medie imprese e per gli studi professionali tecnici.
Lo scenario è di “scherzi a parte”: si rappresentano degli obbiettivi, ne scaturisce una realtà opposta, pur avendo il Paese la necessità di crescita dei servizi professionali avanzati e non di cambiamenti di facciata.
E’ bene sottolineare che solo una visione ad ampio respiro può determinare un cambiamento reale dell’attuale quadro assai poco edificante con una burocrazia invadente, corruzione, confusione di ruoli. In un quadro complessivo devono ritenersi prioritari interventi del tipo:
1) Revisione profonda del ruolo degli Ordini, con riorganizzate strutture regionali di servizio alle attività degli iscritti a livello nazionale ed estero includendo assistenza burocratica e legale delle procedure.
2) Distinzione di ruoli e mansioni tra uffici tecnici pubblici e strutture professionali autonome.
3) Diversificazione delle competenze ed attribuzione di esclusive tra le discipline tecniche, riduzione delle aree di sovrapposizione riconoscendo competenze e responsabilità in esclusiva, così determinando il moltiplicarsi delle occasioni di coinvolgimento dei tecnici favorendone l’integrazione interdisciplinare ed il rafforzarsi qualitativo delle prestazioni: a corsi di studi diversi dovrebbero ovviamente (?) riconoscersi competenze diverse.
4) Il recupero delle tariffe professionali, come riferimento ad una libera contrattazione sulla base dell’incidenza delle caratteristiche delle singole prestazioni. Inoltre, occorre introdurre un limite al ribasso parametrato sui costi effettivi degli addetti, sui tempi e sui costi delle strutture impiegate.
5) Riconoscere il diritto delle categorie tecniche alla tutela sociale dei propri iscritti, quali lavoratori autonomi, anche con un onere specifico a cura delle rispettive Casse di Previdenza, ed a supporto delle attività delle consolidate strutture sindacali nazionali del comparto.
Nelle procedure in previsione del nuovo Codice degli Appalti emerge la forte discrasia tra le finalità enunciate e fortemente “reclamate” dalla società civile e le risultanze legate alle nuove misure. Semplificando:
a. Si ampliano ulteriormente le soglie di discrezionalità nelle procedure negoziate senza bando. Ignorando l’indicazione del Parlamento, che pur indicava un limite entro i 150 mila euro, si è innalzata tale soglia ad un milione di euro. Dualmente, per gli affidamenti “fiduciari” dei servizi di progettazione il limite è balzato da 40 mila a 150 mila euro. Tali aree, ben identificate dagli Organi di controllo e dalla Corte dei Conti, costituiscono un primo terreno favorevole a clientelismo e corruzione, portati poi a consolidarsi per “affari” di maggiore portata: Il potere di talune lobby, legate alla burocrazia, hanno la meglio sulle scelte politiche oltre ogni ragionevole dubbio.
b. Viene a rafforzarsi la partecipazione diretta delle stazioni appaltanti per gli affidamenti, (artt. 37/38), con un limite di 40mila euro per i servizi e 150mila per gli appalti. E’ evidente come la misura falsi il mercato generando ulteriori squilibri e confusione nelle funzioni primarie della P.A.
c. Mancata esclusione dei lavori in house, in gestione diretta delle amministrazioni concessionarie. Facoltà che coinvolge numerosi Enti, che autoproducono servizi di progettazione ed istruttorie fuori ogni controllo insito in una normale procedura.
d. Facoltà di esperire appalti al di fuori di una Centrale di Committenza, innalzandone la soglia da 40 mila a 150 mila euro. I più recenti dati per Province dicono che meno di un terzo dei Comuni aderisce ad una Stazione Unica Appaltante. Non rendere obbligatoria la norma riapre la porta a tutte le possibili procedure più o meno fasulle, evitando ogni controllo e corretta attribuzione oggi possibile con supporto informatico.
Il blocco degli affidamenti, fino all’84%, è determinato da diverse cause, tra cui:
1. La distinzione e non contemporaneità di aggiudicazione di progettazione ed esecuzione. La misura è corretta, ma si scontra con la inadeguatezza delle P.A. a finanziare una progettazione esecutiva a procedura in corso, pur se con maggiori garanzie nella esecuzione delle opere.
2. L’obbligo dell’offerta più vantaggiosa oltre il milione di euro: occorre predisporre adeguati modelli di bandi per consentire valutazioni omogenee. Oltre i 5 milioni occorrono regole certe per rispondere al controllo dell’ANAC.
3. La possibilità di sub-appalto fino al 30% richiede l’integrazione dell’offerta secondo una preventiva regolamentazione dei soggetti sub-appaltatori.
In definitiva non si può procedere con regole disomogenee ma solo entro un regolamento di riferimento ed a condizione che tutti i soggetti coinvolti possano esprimersi correttamente. L’Italia si è ricostruita con una legge invidiata dalle altre nazioni, quella odierna costituisce un freno allo sviluppo.
Arch. Paolo Grassi.