Di ieri 5 luglio la notizia rimbalzata su tutti i portali e tutte le televisioni:
per la prima volta l’omissione dell’attività dell’autorità amministrativa viene considerata presupposto di un risarcimento perché il proprietario è oggettivamente impossibilitato a disporre del suo bene.
Stiamo parlando di un noto stabilimento a Roma.
Lo Stato e il Ministero dell’Interno sono stati condannati a risarcire 28 milioni di euro al proprietario di un immobile occupato abusivamente dal 2009. Il “maxi-risarcimento” è stato disposto dal Tribunale di Roma con la sentenza 13719 del 4 luglio 2018 a favore di una società imprenditrice, che aveva acquistato un compendio immobiliare per farne oggetto di un articolato e impegnativo progetto di investimento, nell’ambito di un programma di riqualificazione delle periferie del Comune di Roma.
La società aveva avviato la pulizia, bonifica e sistemazione, ma nel 2009 aveva dovuto interrompere le attività in quanto l’immobile veniva abusivamente occupato.
La sentenza mette in evidenza le gravissime responsabilità di uno Stato che, tollerando per anni comportamenti illegali, lede i diritti di proprietà e di iniziativa economica, garantiti a livello costituzionale ed europeo, con grave pregiudizio delle regole della civile convivenza.
In particolare, quanto alla responsabilità dello Stato, il riconoscimento di una situazione giuridica favorevole, da parte dell’ordinamento U.E., implica per gli stati nazionali l’obbligo di tutelare effettivamente la situazione giuridica stessa e la violazione di tale obbligo non può rimanere senza conseguenze. Quanto, invece, alla posizione del Ministero dell’Interno, esso è deputato a garantire le condizioni minime della civile convivenza ovvero principalmente a garantire la sicurezza e la libertà delle persone fisiche e giuridiche e l’integrità dei beni, siano essi pubblici o privati.
Fonte: https://www.condominioweb.com/occupazione-abusiva-casa-risarcimento.14968#ixzz5KSePK71C
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Andando indietro nel tempo, svariate sono state le sentenze della Suprema Corte di Cassazione che già avevano precisato la tipologia del danno dal punto di vista giuridico.
In una famosa sentenza del 19 dicembre 2011, il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, era stato chiamato a pronunciarsi su una questione oramai pacificamente risolta da una copiosa ed univoca giurisprudenza.
La fattispecie concreta, posta all’attenzione del giudice de qua, era costituita dalla pretesa risarcitoria, avanzata da parte attrice, per il mancata godimento dell’immobile di cui risultava proprietaria (per metà), nonché del rimborso di tutte le spese tecniche ad esso correlate e di cui la medesima proprietaria aveva dovuto sostenere l’esborso.
Aderendo a quanto in materia più volte affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. 3223/2011; Cass. Civ. 26610/2008; Cass. Civ. 1507/2006; cass. Civ. 13630/2001), i cui principi hanno altresì trovato applicazione in ambito amministrativo, in caso di occupazione illegittima avvenuta nell’ambito di una procedura espropriativa (da ult. T.A.R. Lombardia, sez. II, 30 marzo 2011, n. 854) , il giudice investito ha ritenuto di dover applicare, nel caso di specie, la regula iuris secondo cui in caso di occupazione illegittima di un cespite immobiliare, il danno subito dal proprietario è in re ipsa, “individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus, così come nell’impossibilità, per questi, di conseguire l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso”.
Fonte: Altalex
Tutto ciò ha una importanza davvero evidente.
Per la prima volta viene oggettivamente quantificato un danno provocato dalla inerzia della P.A.
Il nostro pensiero ovviamente è rivolto alla nostra professione di tecnici spesso a servizio – seppur in maniera non continuativa – della P.A.: incarichi pubblici di progettazione e/o di consulenza sia da parte degli Enti locali che dello Stato (Ministeri, Soprintendenza e quant’altro).
Quanti di noi attendono da mesi (forse anche da anni) il pagamento di parcelle di varia entità.
Quanti di noi sono entrati in un vortice del “cane che si morde la coda”: non pagati non possiamo investire nella nostra attività bisognosa di quotidiani aggiornamenti anche tecnologici, tantomeno possiamo essere in grado di mantenere obblighi assunti nonché vessatori quali i versamenti alle rispettive Casse o Ordini di appartenenza.
Noi ci auguriamo che questo segnale così forte produca una reazione a catena anche in altri ambiti. il nostro soprattutto che non è da meno degli altri.
Noi ci auguriamo che venga data rinnovata dignità alla nostra professione, per certi versi imprescindibile da una buona gestione del territorio.
Il nostro compito sarà quello di controllare e pressare e sensibilizzare la P.A. a rispettare gli obblighi assunti anche nei nostri confronti.