Su Ingenio una inquietante sentenza della Corte di Cassazione.
Si può edificare in una zona incendiata se e solo se l’area sia già stata riservata a tale scopo dallo strumento urbanistico, in quanto è irrilevante la generica compatibilità dell’intervento con la destinazione dell’area. Occorre inoltre che l’area sia già stata riservata a tale scopo dallo strumento urbanistico, in quanto è irrilevante la generica compatibilità dell’intervento con la destinazione dell’area.
L’importante principio è contenuto nella sentenza 46042/2018 dello scorso 11 ottobre della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario di un fondo contro una sentenza, rafforzata in Appello, in forza della quale era stata dichiarata, anche nei confronti del proprietario, l’estinzione per intervenuta prescrizione dei reati di cui agli artt. 110, 113 cod. pen. e 44 lett. c) dpr 380/2001, anche in relazione all’art. 10, comma 4, della legge 353/2000, con dissequestro e restituzione all’avente diritto dell’immobile in sequestro.
Edificazione su terreno incendiato: i motivi di ricorso
- gli interventi edilizi richiesti, nella qualità dominicale, su fondi colpiti da precedente incendio erano stati debitamente autorizzati dal Comune di Cisano sui Neva in esito alle dovute autorizzazioni ricevute da Giunta comunale e Comunità montana, per cui era evidente il venir meno dell’elemento soggettivo del reato. In ogni caso, secondo il ricorrente, non era necessario, rispetto all’incendio, il previo rilascio del permesso a costruire, dal momento che era stato semplicemente richiesto, ed ottenuto, quanto poteva essere ottenuto prima dell’incendio del 20 maggio 2001. Tant’è che il Comune aveva rilasciato i permessi per interventi edilizi del tutto conformi alle previsioni del Piano regolatore generale;
- il ricorrente si è limitato ad un’operazione di pulizia della strada mediante falciatura dell’erba ivi presente, senza alcun intervento di edificazione ovvero di disboscamento.
La decisione della Cassazione
Per gli ermellini, la realizzazione di edifici, strutture ed infrastrutture, finalizzati ad insediamenti civili e ad attività produttive in zone boscate o di pascolo, i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco, è consentita nei casi in cui tale possibilità sia stata prevista prima dell’incendio dagli strumenti urbanistici all’epoca vigenti, e richiede altresì che l‘area sia già stata riservata a tale scopo dallo strumento urbanistico (irrilevante essendo la generica compatibilità dell’intervento con la destinazione dell’area)(Sez. 3, n. 32807 del 23/04/2013, Timori, Rv. 255905; Sez. 3, n. 16592 del 31/03/2011, Siracusa, Rv. 250154).
La Corte suprema richiama inoltre anche la norma di cui all’art. 10, comma 1, della legge 353/2000, Legge quadro in materia di incendi boschivi (“Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni[…] E’ inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l’incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data“), dove si evidenzia che, per ottenere il risultato modificativo rispetto al previgente testo (“fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione“) che il Tribunale aveva sostenuto, il legislatore avrebbe dovuto non tanto incidere sulla conseguenza della eccezione (cioè sul rilascio, non più menzionato espressamente, dell’autorizzazione o concessione), bensì, a monte, sul contenuto dell’eccezione stessa, sostituendo all’aggettivo “prevista” l’aggettivo “prevedibile”. Tali aggettivi, invero, non erano affatto sinonimi, tant’è che lo stesso Tribunale aveva dovuto abbandonare l’aggettivo inserito dal legislatore (“prevista”) per sostituirlo con un correttivo, “prevedibile” }che radicalmente mutava il significato della norma stessa.
In proposito, al contrario, e proprio in relazione a questa fattispecie nella sua fase cautelare, era già stata chiarita l’insufficienza della mera compatibilità delle opere con gli strumenti urbanistici vigenti prima dell’incendio, per integrare l’eccezione all’inedificabilità dettata dall’articolo 10, occorrendo invece che l’area fosse già stata riservata dallo strumento urbanistico alla realizzazione delle opere stesse (Sez. 3, n. 36106 del 22/09/2011, Canedi, Rv. 251252). Sì che doveva necessariamente ritenersi integrato in specie la contestata ipotesi contravvenzionale.