Il futuro delle professioni tecniche in Italia

by | 14 Ott, 2018

Il futuro delle professioni tecniche in Italia: opportunità e rischi delle nuove regole del lavoro Università degli Studi del Sannio BeneventoConvegno – 24 ottobre 2018
È fuor di dubbio che l’emanazione del recente decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto n. 96, abbia rinfocolato il dibattito tra imprenditori, organizzazioni sindacali, forze politiche, studiosi ed operatori in ordine all’individuazione delle regole del mercato del lavoro più idonee a favorire l’incremento dei livelli occupazionali nel nostro Paese, mantenendo al contempo comunque standard accettabili di garanzia dei diritti dei lavoratori. In effetti, non si è fatto in tempo a trovare un assestamento del sistema normativo appena rivisto, non più di quattro anni fa (si allude ai provvedimenti legislativi successivi alla legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, convenzionalmente assunti nell’espressione sintetica di “Jobs Act”) che il legislatore – assumendo una chiara posizione di discontinuità rispetto al passato, quanto a metodo e logiche di riferimento – ha ritenuto di immettere nel quadro normativo nuovi e importanti segmenti regolatori, a partire dalla disciplina del contratto a termine e del regime sanzionatorio in caso di licenziamento illegittimo. Con il risultato che, da qui ai prossimi mesi ed anni, occorrerà giocoforza intensificare ancor di più l’analisi dell’impatto economico dei processi riformatori come avviati, valutandone attentamente rischi potenziali, effetti non voluti ed effetti desiderati, sempre e comunque nella direzione del contemperamento tra libertà di iniziativa economica privata delle imprese, da un lato, e garanzia dei diritti inviolabili dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, dall’altro lato. Anche perché è in questo bilanciamento degli interessi che si riscopre l’aspetto strutturale dell’intero diritto del lavoro.
Con l’ambizione di contribuire al dibattito in corso, quanto mai vivo e però non scevro da insidie, offrendo, se possibile, il proprio apporto di idee, proposte, soluzioni, Confedertecnica e Dipartimento Demm dell’Università degli Studi del Sannio hanno stretto una relazione istituzionale che prende le mosse proprio da questa prima iniziativa seminariale, specificamente protesa a (tentare di) coniugare gli effetti delle importanti trasformazioni del quadro normativo generale, appena tratteggiato, con lo specifico campo del lavoro nell’area delle professioni tecniche, del lavoro cioè alle dipendenze di aziende e studi professionali del settore tecnico (ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, geologi, agronomi e forestali, periti agrari, agrotecnici ed altre professioni di valore equivalente ed omogenee all’area professionale). L’obiettivo comune è quello di raccogliere e ‘mettere a sistema’ gli apporti di ognuno dei soggetti coinvolti nella costruzione delle regole del settore delle professioni tecniche. Si tratta di in un settore, appunto, ove appare ancor di più urgente procedere ad una preliminare operazione di chiarificazione e definizione delle regole del lavoro, a partire dalle tipologie contrattuali utilizzabili oggi dall’imprenditore/datore di lavoro. Le modifiche legislative degli ultimi anni non hanno dissipato le incertezze fra gli operatori del settore: non sono pochi infatti i punti di tensione se non proprio di ambiguità in materia, a cominciare per esempio dalla stessa dicotomia tra fattispecie di rapporto di lavoro subordinato e fattispecie del lavoro autonomo, non sempre capace di accogliere al suo interno il nucleo essenziale proprio delle prestazioni lavorative erogate dai professionisti dell’area tecnica (sulla falsariga di quanto sta avvenendo, per esempio, nel settore bancario).
Tale operazione ermeneutica – che ci auguriamo possa entrare a pieno titolo nell’agenda politica – non è solo teorica ma ha ricadute concrete di particolare importanza per gli operatori ed appare quanto mai necessaria: risponde all’esigenza di modulare le tutele da accordare al lavoratore dell’area tecnica, anche in ragione del carattere multiforme che lo studio professionale e/o l’azienda in posizione datoriale può assumere di volta in volta: ad esempio, in base ai limiti dimensionali della struttura, che spesso riflette caratteristiche socio-economiche dell’area geografica territoriale di riferimento.
In questo sforzo interpretativo, significativi appaiono altresì gli spazi della contrattazione collettiva, nel costruire – non solo in sede di contratto collettivo nazionale ma anche con gli opportuni rimandi al contratto aziendale – uno specifico e peculiare statuto giuridico del lavoratore dell’area tecnica. Il contratto collettivo potrebbe delimitare – con ancora maggiore efficacia, se guidato dalla legge – i confini giuridici di una nuova area del lavoro per le professioni tecniche, intermedia tra subordinazione e autonomia, contribuendo a fissare il piano delle tutele: in divergenza dallo statuto protettivo tipico del lavoro subordinato, da un lato, e in allontanamento dal rischioso schema del lavoro autonomo (a partita iva, per intenderci) dall’altro lato, con un’attenta e peculiare modulazione delle tutele da accordare e di quelle da non accordare.
Roma – Benevento 24 Ottobre 2018