Confedertecnica lo segnala da sempre: le tasse sulla casa in Italia sono troppe e troppo onerose. Gli immobili, un tempo bene rifugio per il risparmio delle famiglie, sono diventati il bancomat dello Stato. Numerose volte nel corso del 2014 e del 2015 il Presidente di Confedertecnica, Calogero Lo Castro, ha denunciato pubblicamente il freno all’economia italiana derivante dalla abnorme pressione fiscale sul patrimonio immobiliare.
Finalmente sembra che il tema sia entrato nell’agenda del Governo. E il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha fatto sua la proposta di eliminare l’odiatissima Tassa sui Servizi (Comunali) indivisibili con cui era stata fatta rientrare dalla finestra l’IMU sull’abitazione principale a suo tempo abolita.
Va ricordato un dato: l’Italia è il Paese dove oltre il 70% delle famiglie vive in immobili di proprietà e dove la legislazione in materia degli ultimi 30 anni è stata caratterizzata da provvedimenti caotici e contraddittori presi spesso più per ragioni elettoral che per volontà esatta. In ogni caso, il dado sembra ormai tratto: la questione dell’abolizione della TASI è sul tappeto, e Renzi indica anche una data, quella del 16 Dicembre, giorno in cui secondo Palazzo Chigi “Pagheremo per l’ultima volta tasse sulla casa”.
L’abolizione del tributo in questione sulla residenza principale pone da subito il problema delle coperture. Le Amministrazioni comunali, che infatti si sono subito fatte sentire, dove andranno a prendere i 5/7 miliardi di euro che verranno loro a mancare abolendo la TASI sulle residenze principali? Lasciare loro la quota di competenza dello Stato di IMU non è sufficiente e poi se togliamo allo Stato la quota di IMU di sua competenza trasferiamo semplicemente un ammanco di introiti fiscali dalle Amministrazioni locali a quella centrale. L’altra strada sarebbe quella di ridurre le spese di una misura analoga, ma sappiamo benissimo che ridurre la spesa pubblica appare fatica improba, e misura impopolare.
C’è anche il timore che la coperta, sempre troppo corta, possa essere tirata dai Comuni, per la parte di Irpef di loro pertinenza. Di conseguenza si tornerebbe punto e a capo: dove trovare questi soldi? Il Governo, dopo l’annuncio, che per qualcuno ha un certo sapore elettoralistico, si è affannato a dire in tutte le sedi ed attraverso i suoi più autorevoli rappresentanti, che le Amministrazioni comunali avrebbe avuto indietro i soldi ma si è ben guardato dal chiarire in modo preciso e cifre alla mano sia il come, sia il quanto che il quando. Si è fatto cenno agli effetti della “spending review”, si è fatto cenno a dismissioni di quote di partecipazioni in società quotate di proprietà del Tesoro, di razionalizzazioni di spesa ma nulla di concreto. Il timore è che alla fine non rimanga che fare ulteriore debito pubblico.
A meno che, e su questo Confedertecnica giocherà fino in fondo le sue carte, il rilascio di maggior liquidità in mano a famiglie e imprese non si traduca in maggior capacità di spesa per investimenti sulla casa stessa: se il lavoro dei professionisti tecnici trarrà giovamento dall’aumento della disponibilità di cassa, questo comporterà l’avvio di un ciclo virtuoso, che con l’aumento del lavoro ricondurrà a un maggior gettito fiscale a beneficio dell’erario.
Rimane fondamentale che la casa, come ha più volte ribadito il Presidente di Confedertecnica, Lo Castro, torni al riparo dalla pressione fiscale, costituendo anche per il futuro un investimento sui cui possono puntare i risparmiatori italiani.